martedì 5 agosto 2008

ROMAGNANO E GATTINARA: IL PONTE DELLA DISCORDIA

Romagnano e Gattinara: due paesi confinanti, separati solo da una lingua d’acqua chiamata Sesia. Due realtà vicine epperò distanti, segnate negli anni dai campanilismi tipici della mentalità ancora comunale del Bel Paese. La proprietà delle terre e l’uso delle acque del fiume Sesia tra i principali fattori scatenanti di una rivalità lunga secoli, temperatasi solo negli ultimi anni sulla scia di una modifica generale della mentalità, degli usi e dei costumi. «Le rivalità tra gli abitanti di Romagnano e Gattinara ha un sottofondo storico che trova origine molti secoli fa», spiega lo storico romagnanese Carlo Brugo. «In tutto questo lasso di tempo gli abitanti dei due paesi hanno trovato il modo di odiarsi a vicenda, di disprezzarsi, di danneggiarsi le colture, di mettere in atto ritorsioni e ripicche e, in qualche caso, anche di suonarsele di santa ragione.

Le rivalità affondano le proprie motivazioni in ragioni di natura storica, politica e soprattutto demaniale e patrimoniale. E’ notorio quanto entrambe le fazioni siano attaccate alle loro proprietà: i litigi principali infatti avvennero proprio per le terre e soprattutto per l’uso delle acque del Sesia». L’ignaro fiume fu oggetto, nei secoli, di liti e controversie che hanno un’origine lontanissima, risalente all’Alto Medioevo: «Nel 1194 i romagnanesi contestarono ai gattinaresi la concessione di estrarre una roggia dal letto del fiume per fare fronte alle necessità agricole.

Dovettero passare più di trent’anni, e arrivare al 1223 con un altro accordo tra Novara e Vercelli, prima che il permesso diventasse operativo». Anche il canale Mora, edificato nel 1481 da Giangaleazzo Sforza, fu oggetto di disputa: «Nel 1492 Romagnano crea il casus belli poiché vorrebbe estrarre l’acqua per i suoi mulini dalla chiusa di Gattinara. La municipalità del borgo, per porre fine ad ogni pretesa o angheria, offre a Romagnano una parte di territorio sulla sponda destra e delle terre a nord di San Lorenzo, il Pian di Cordova, purchè si lasci prelevare la roggia comunale dove avessero ritenuto più opportuno».

Nella seconda metà del diciassettesimo secolo viene realizzata un’opera di grande impatto geopolitico per tutta la zona: lo spostamento del letto del fiume Sesia verso Gattinara, posizionandolo dove si trova a scorrere tutt’oggi: «L’occasione fu ghiotta: i romagnanesi presero possesso di vasti appezzamenti di terra sulla sponda destra del fiume trascurati dai proprietari. Ciò diede il la ad una serie di ritorsioni e di vandalismi continui: le scorrerie erano all’ordine del giorno e campi, vigne e prati erano devastati di continuo».
Per giungere a tempi più recenti, la costruzione del ponte sul fiume fu l’occasione per il riaccendersi e il consolidarsi delle vecchie diatribe e rivalità: «Nei primi anni dell’Ottocento venne costruita la strada che congiungeva Torino alla Svizzera, transitando da Gattinara e Romagnano. A quei tempi il passaggio sul fiume era affidato ad un precario traghetto, gestito in appalto dalla municipalità di Romagnano.

Nel 1850 si cominciò a parlare di un ponte in muratura che congiungesse le due rive. Anche il questa occasione ci fu molto da discutere, poiché Gattinara offrì 150 mila lire per far costruire il ponte in località bassa, dove sorge oggi il ponte ferroviario. Romagnano voleva il ponte in una località diversa, in un luogo ove deteneva la proprietà delle due sponde. Grazie agli appoggi che Romagnano godeva a Novara, venne accolta quest’ultima soluzione. Il ponte fu inaugurato il 19 settembre 1860 da Camillo Cavour, e i romagnanesi soddisfatti vollero che a benedirlo fosse il parroco di Romagnano, e che Cavour fosse loro ospite, a tutto dispetto di quelli di Gattinara». Un atteggiamento quello dei romagnanesi, che il concittadino Carlo Brugo non esita a definire «Prepotente» e che ben presto fece scaturire nei gattinaresi una controreazione: «Oltre alle vie di fatto, i gattinaresi cominciarono a definire i rivali in modo dispregiativo, chiamandoli ad esempio i “Tignun” (i tignosi), i “Sciablun” (gli scancati, con le gambe arcuate), i “Tu-lu-gno” (eccolo là) e via di questo passo». Anche Arturo Gibellino, memoria storica di Gattinara, ricorda aneddoti gustosi riferiti alla sua infanzia: «Da bambino sentivo spesso dire dagli adulti: “A’ jén pasà coi béi temp, quand chi ‘n davu su Séisa a fe la guera a priunaj contra ai Rumagnoj!”» (Sono passati quei bei tempi quando andavamo al Sesia a far la guerra a sassate contro quelli di Romagnano).

Lo stesso Gibellino, nel volume “Dialét e kustummi ad Gatinéra”, riferisce quanto segue: «Con quell’aria da bravacci che dovevano avere i nostri giovani di quei tempi, si andava a sedere al caffè nella piazza di Romagnano e ordinavano da bere, offesa che il più miserabile dei romagnanesi non avrebbe sicuramente sopportato. Gli sfidanti […] si vedevano assalire da uomini e donne armati di tridenti e bastoni, roteavano sedie e tavolini, ingaggiavano lotte furibonde e spesso si ritiravano subendo la peggio; ma era pur bello permettersi un lusso che quelli di Romagnano non si sarebbero neppure sognato». Ma a farne le spese , in tempi anche più recenti, sono state le varie occasioni popolari e caratteristiche dei due paesi, e cioè il Venerdì Santo di Romagnano e il Carnevale di Gattinara. «I romagnanesi andavano con aria ironica e beffarda a schernire e denigrare il Carnevale – racconta Carlo Brugo. A loro volta i gattinaresi venivano a Romagnano per le rappresentazioni del Venerdì Santo, da loro stessi definito “al carlavée da Rumagnan”, al solo scopo di parlarne male in patria».

Pubblicato su "L'Appunto" del 2 agosto 2008

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